L’area archeologica di Angkor è un luogo straordinario che suscita emozioni intense. Al cospetto di quei mondi di pietra che raccontano la storia millenaria e misteriosa della civiltà khmer non si può che provare stupore e reverenza.
Patrimonio Unesco dal 1992, il complesso di Angkor si sviluppa su di un’area di quattrocento chilometri quadrati vicino a Siem Reap nel nord della Cambogia.
Una mescolanza mirabile di arte e spiritualità voluta dai re khmer che nell’arco di sei secoli rivaleggiarono nel realizzare sulla terra la rappresentazione del sacro monte Meru.
Cercherò di raccontarvi con le mie parole l’incredibile ricchezza dei templi di Angkor. Il modo migliore, per usare le parole di Tiziano Terzani è : “lasciarsi guidare dalla propria pelle, permeabile come una spugna….Capire serve ma la cosa fondamentale è sentire.”
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Qualche consiglio su come visitare i templi di Angkor
La visita di Angkor sarà probabilmente la ragione principale del vostro viaggio in Cambogia, quindi dedicate a questa meraviglia almeno due o tre giorni intensi.
L’area è vastissima e le costruzioni sono distanti una dall’altra, sconsiglio di fare tutto il percorso a piedi. Si possono noleggiare biciclette, utilizzare i tuc-tuc sul posto oppure, come noi, affidarsi ad una guida con autista e minivan. Se non l’avete prenotata dall’Italia, informatevi presso l’hotel in cui alloggiate.
Il periodo migliore per visitare il complesso di Angkor va da novembre a febbraio, durante la stagione secca, quella privilegiati dai turisti. In luglio e agosto piove spesso ma la giungla si colora di verde intenso. Da marzo a maggio fa un caldo torrido e i cieli sono bianchi di umidità ma c’è meno gente. Se siete abituati, come me, alle estati padane, riuscirete ad affrontare coraggiosamente anche le gradinate più impervie!
Portatevi una buona scora di acqua, indossate cappello e protezione solare e vestitevi in modo adeguato alla sacralità del luogo.
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L‘Angkor Ticket Office è aperto dalle 5:00 alle 17:30 ed è l’unico posto dove acquistare il biglietto di entrata. L’Angkor pass, che riporterà la vostra fotografia, può avere validità di uno, tre o sette giorni e costa rispettivamente 37,62 e 72 dollari. Portate il pass sempre con voi perché vi verrà richiesto all’entrata dei templi.
Comunemente i percorsi di visita seguono il Piccolo Circuito di 17 chilometri o il Grande Circuito di 26 chilometri ed entrambi includono Angkor Wat. Potete decidere in base al vostro tempo di permanenza oppure visitare l’area liberamente. Il mio consiglio è quello di fare una scelta iniziale e approfondire gli edifici che più vi interessano.
Albe, tramonti e foto
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L’alba che illumina il profilo di Angkor Wat è il sogno di ogni viaggiatore. Preparatevi quindi a condividere lo spettacolo con una vera folla di turisti. Il tempio, insieme al Bakheng e a Srah Srang, apre alle 5:00 (tutti gli altri alle 7:30); arrivate per tempo e conquistatevi un posto in prima fila al bordo del bacino di destra. Io sono capitata in una giornata di tempo incerto: il cielo ha iniziato a colorarsi di rosa per virare immediatamente al bianco… l’emozione è comunque fortissima solo per il fatto di essere lì.
Il grande bacino di Srah Srang potrebbe essere un’alternativa ma non ho tentato perché anche nei giorni successivi il meteo non mi ha graziato.
Evitate di visitare Angkor Wat subito dopo l’alba perché è quello che fanno i gruppi dei viaggi organizzati, spostatevi verso i templi più distanti e godeteveli in silenzio; tornateci nel pomeriggio e sarà (quasi) tutto per voi.
Il tramonto migliore si gode al Bakheng che chiude alle 19.00 (gli altri alle 17:30) ma da qualche tempo l’accesso alla terrazza è contingentato quindi rischiate di arrivare e non poter salire.
La foresta impenetrabile che avviluppa parte degli edifici di Angkor regala tagli di luce meravigliosi che illuminano le pietre ricoperte dal muschio. Le radici, i mattoni sgretolati e gli splendidi bassorilievi sono soggetti poliedrici e accattivanti.
Per evitare la folla e scattare delle belle fotografie, intrufolatevi nelle gallerie laterali, focalizzatevi sui dettagli, sulle incisioni che ornano le porte, sugli scorci che si aprono improvvisi, sull’infilata labirintica dei corridoi.
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Il regno delle meraviglie
Nei sei secoli che vanno dall’802 al 1432, Angkor era una città meravigliosa, centro del grande impero Khmer. Nel periodo del suo massimo splendore, intorno al 1100, contava un milione di abitanti. C’erano case, ponti, strade e grandi bacini artificiali che, oltre a rappresentare i mari che circondano la montagna sacra, servivano ad irrigare i campi.
Tutti gli edifici in legno sono andati distrutti, i templi in arenaria invece sono sopravvissuti al tempo e alla giungla.
Il re che fondò l’impero, si proclamò “Re divino” ovvero rappresentante terreno del dio Shiva e costruì un tempio montagna, simbolo del monte Meru.
Tutti i sovrani venuti dopo di lui hanno fatto lo stesso, costruendo templi imponenti dedicati alla loro divinità protettrici. A questi si sono aggiunti i templi per onorare gli antenati e ogni re ha realizzato anche un tempio per se stesso.
Il risultato è un numero impressionante di edifici dalle architetture elaborate e dalle decorazioni raffinate. Viali rialzati, torri, pinnacoli e gallerie ornate da stupefacenti bassorilievi.
Ad un certo punto la religione buddhista soppiantò quella induista che fu poi di nuovo sostituita dal buddhismo.
L’apogeo della civiltà khmer, raggiunto con la realizzazione di Angkor Wat, coincise paradossalmente con l’inizio del suo declino. Le ragioni sono da ricercarsi nella carestia che colpì una zona già troppo sfruttata dal punto di vista idrico e deforestata per la costruzione degli edifici. Non poco incisero anche gli enormi costi sostenuti per la costruzione di Angkor Wat e per le campagne militari dei sovrani,
E così, dopo l’invasione dei siamesi e il trasferimento della capitale a Phnom Penh, sulla grande città di Angkor cadde l’oblio. La giungla prese il sopravvento, le radici si avvilupparono alle pietre e solo alcuni monaci restarono nei templi.
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La (ri)scoperta di Angkor
La foresta continuò a ricoprire lentamente l’antica capitale khmer fino al 1860, quando il naturalista francese Henri Mouhot si mise alla ricerca delle “strane rovine nelle giungla” di cui aveva sentito parlare.
In realtà ad Angkor esisteva un monastero e altri studiosi prima di lui avevano parlato di questo luogo ma i disegni suggestivi e i resoconti romantici del francese fecero breccia nell’immaginazione degli occidentali.
Dopo numerose spedizioni francesi, Angkor che era rimasta alla Thailandia, ritornò alla Cambogia. Nel 1907 si iniziò a liberare l’area dalla vegetazione e a studiare le rovine.
I lavori di restauro furono poi interrotti nel 1973 a causa della guerra civile e del successivo terribile regime dei khmer rossi, e ripresi nel 1990. L’iscrizione di Angkor nella lista dell’Unesco del 1992, ha portato nuovo slancio e oggi il sito è visitato ogni anno da milioni di persone.
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I templi di Angkor da non perdere
Sono centinaia i templi del sito di Angkor, ognuno con caratteristiche diverse. Li accomuna il fascino incredibile di una città dimenticata e ritrovata, di un luogo in cui la natura ha tenacemente protetto il suo tesoro celandolo nell’intrico delle sue radici.
Impossibile non lasciarsi catturare dagli enigmatici volti del Bayon, dalle affascinanti ninfe dell’Angkor Wat, dalla raffinata pietra rosata del Banteay Srei. Come non perdersi nell’intreccio di tronchi che si incorporano ai muri del Ta Prohm, o nel dedalo di corridoi del Preah Khan? Per non parlare dell’acqua, protagonista di laghi e bacini come quello che circonda il Preah Neak Poan, protetto dalle code intrecciate dei suoi serpenti, o la laguna di Sra Srang dedicata ai bagni della famiglia reale.
La scelta nello stilare questa mia personale lista dei must-see è perciò veramente difficile ma ci provo.
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Angkor Thom e i sorrisi di pietra del Bayon
La “Grande città” di Angkor Thom è un monumentale complesso fortificato che racchiude al suo interno importanti edifici. L’entrata alla Porta Sud è fiancheggiata su entrambi i lati da 108 enormi sculture che rappresentano i demoni e le divinità impegnati in una sfida per ottenere l’immortalità. La maggior parte delle teste sono copie ma l’insieme rende bene l’idea.
Il tempio personale dell’egocentrico re Jayavarman VII, il Bayon, si trova al centro di Angkor Thom. I 216 volti di una divinità incredibilmente somigliante al sovrano stesso ornano i quattro lati dei cinquantaquattro pinnacoli delle sue torri. I sorrisi incombenti dei volti sembrano osservarvi da ogni lato generando un senso quasi di inquietudine.
Il livello più basso del Bayon è decorato sui quattro lati da serie di meravigliosi bassorilievi che raccontano la vita quotidiana del periodo: battaglie navali e file di prigionieri, uomini in preghiera, mercati, banchetti e giochi fino alla rappresentazione del saccheggio di Angkor da parte dei vietnamiti.
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Non perdetevi la Terrazza del Re Lebbroso che era probabilmente il crematorio reale. La sua decorazione di cinque ordini, con una maniacale cura del dettaglio, “accompagna” la discesa agli inferi.
La Terrazza degli Elefanti era invece la tribuna da cui i sudditi assistevano alle udienze pubbliche e deve al suo nome agli elefanti scolpiti alla sua estremità.
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L’intrico fatato delle radici sui tetti del Ta Prhom
E’ così che doveva essere Angkor quando i primi esploratori vi misero piede: un labirinto affasciante e intricato di alberi, radici e liane avviluppate all’arenaria scura e alle tegole rosse degli edifici. Stupendi bassorilievi e fregi delicati ricoperti dal muschio verde, muri crollati e pietre squadrate avvolti dalla vegetazione.
L’albero che spunta dal tetto è un pò il simbolo del Ta Prohm, uno degli edifici più visitati e fotografati di Angkor e non solo perché il film Tomb Rider lo ha reso famoso.
Il controllo della vegetazione è volutamente limitato e il tempio resta meravigliosamente abbracciato alle radici che ne sono diventate parte. Con la luce che filtra a malapena tra le foglie scure scoprirete un luogo magico e incredibilmente suggestivo.
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I corridoi labirintici del Preah Khan
Il Preah Khan è un altro enorme complesso dedicato a ben cinquecentoquindici divinità e utilizzato per importanti cerimonie. I corridoi si susseguono con prospettive perfette, le porte si fanno via via più piccole a simboleggiare le caste della religione indù, i fregi sono delicatissimi.
Anche qui vi renderete conto che la giungla è protagonista, con vecchi alberi ormai secchi ancora abbarbicati alle pareti e cortili inaccessibili invasi dalle pietre e dai licheni. All’entrata troverete una rappresentazione simile a quella dell’Angkor Thom con le divinità che si sfidano secondo il mito indù della zangolatura dell’oceano di latte.
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Banteay Srei: la pietra rosata della cittadella delle donne
Il tempio, che si trova ad una trentina di chilometri da Siem Reap, deve il suo nome al fatto che la raffinatezza e l’eleganza dei suoi fregi non potevano che essere opera di una donna.
L’arenaria rosata utilizzata per la sua costruzione e le dimensioni contenute lo rendono particolarmente aggraziato e l’accurata opera di restauro gli ha restituito le antiche proporzioni.
Le biblioteche dei cortili interni sono protette dalle statue dei guardiani scimmia, severi osservatori del vostro andirivieni. Sulle pareti troverete le figure deliziose di danzatrici e divinità. Ogni angolo è ricoperto da bassorilievi e incisioni che lo rendono un vero gioiello dell’arte khmer.
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Se potete andateci alla mattina presto, la luce che illumina la delicata tonalità della pietra e il silenzio della giungla circostante lo rendono davvero incantevole.
La perfezione assoluta dell’ Angkor Wat
Lasciatevelo per ultimo e godetevi in tutta la sua prorompente bellezza il luogo di culto più grande del mondo, simbolo indiscusso della Cambogia tanto da essere al centro della sua bandiera.
Nato come tempio Induista e poi convertito al Buddhismo Theravada, l’Angkor Wat è composto da un ampio cortile con cinque torri. Il tempio centrale poggia su di una struttura rialzata e si sviluppa su tre livelli verticali.
All’esterno un enorme bassorilievo di 800 metri racconta la storia della Cambogia. L’elemento più peculiare sono le bellissime apsara – le danzatrici sacre – scolpite ovunque sui muri. Sono oltre tremila e tutte meravigliose ma, soprattutto, sono una diversa dall’altra nelle acconciature. Molte sono state danneggiate durante i restauri precedenti e il loro recupero è adesso seguito da un progetto tedesco.
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Come in tutti gli altri templi, Angkor Wat ha una simbologia ricchissima. Il suo orientamento a ovest, la direzione della morte, fa pensare che sia stato concepito come mausoleo. Le dimensioni rispettano precise regole numerologiche della filosofia indù.
Si può pensare che la sua struttura rappresenti l’universo con il monte Meru al centro circondato da oceani e continenti. Il grande serpente a sette teste, il naga, è il tramite tra l’uomo e la divinità.
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Ho profondamente amato il sito di Angkor, e dopo il primo smarrimento iniziale dovuto alle dimensioni, mi sono immersa totalmente nella bellezza e nella sacralità del luogo. Mi sono piaciuti molto gli edifici meno frequentati dove le pietre e le radici raccontano la storia e accentuano una dimensione mistica che mi ha catturato dal primo momento.
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Non avevo idea che fosse un sito cosi grande da necessitare addirittura diversi giorni. Che luogo pieno di fascino, in continua lotta con la giungla che vuole reclamare il proprio dominio! Una meraviglia davvero.
Sai che anche io prima di andarci non avevo idea di quanto fosse grande?! E’ una cosa da sapere per programmarsi dato che le cose da vedere sono veramente tantissime
Al di la delle meraviglie naturali, storiche e architettoniche, la Cambogia riesce a regalarti un viaggio dentro di te, tra emozioni e sensazioni uniche.
Infatti sono stata molto bene in Cambogia, un Paese sorprendente
Questo è uno di quei viaggi da sogno, immersi nella misticità dei templi. Non sono una che ama alzarsi presto, ma per quell’alba lo farei molto volentieri!
E’ un sogno che io avevo da piccola, quando sognavo di fare l’archeologa e trovarmi al cospetto di quelle meraviglie è stata un’emozione fortissima
Antonella hai realizzato un reportage fotografico davvero eccezionale! Le foto dei monaci di spalle letteralmente “inquadrati” nelle architetture sono a dir poco sensazionali! Bravissima!
Angkor è uno dei luoghi che più vorrei visitare della Cambogia e del Sud Est Asiatico… Chissà quando potrò realizzare il mio sogno!
Ti ringrazio davvero per i complimenti alle foto! Ci ho messo molta cura negli scatti (e soprattutto nella selezione) perché volevo rendere a chi guardava l’atmosfera mistica e suggestiva di quel luogo pazzesco che ti auguro davvero di poter visitare presto
Credo sia veramente un luogo meraviglioso. La natura che si riprende i suoi spazi e un sito archeologico pieno di bellezza. Non voglio immaginare la soddisfazione del naturista francese che la riscoprì.
Credo che i primi esploratori siano rimasti folgorati dalla bellezza di un sito ancora totalmente ingoiato dalla vegetazione ma che rivelava comunque la sua assoluta bellezza
Con i tuoi articoli sul sud-est asiatico mi stai facendo venire una gran voglia di partire. Mi piacerebbe molto visitare Angkor, che secondo me è l’ottava meraviglia del mondo. Spero di riuscirci il prossimo inverno!
Tu sei già una profonda conoscitrice del sud est asiatico, ti innamorerai della Cambogia e dei templi di Angkor che davvero non finiscono di stupire
Utilissimi i consigli sugli orari migliori per evitare le code per le foto e in generale per evitare le orde di turisti dei tour organizzati. Ritrovarsi in mezzo a centinaia di persone in un posto simile rischierebbe forse di rovinare l’esperienza e di impedire di assorbire pienamente la bellezza del luogo.
Trovarsi ad Angkor senza altri turisti è decisamente impossibile ma evitare i grupponi si può fare con qualche piccolo accorgimento
Ohhh!!! Questo è uno dei miei sogni del cassetto ma, sebbene io abiti a vista Po, non mi sento pronta alle estati Padane figuriamoci per quelle Cambogiane!
Però pur di sentirmi un po’ Mowgli potrei farcela… ma dubito delle mie capacità di fotografare l’alba… mi limiterò al tramonto!
Comunque davvero grazie per le info pratiche perchè anche cercando in giro c’è poco su come organizzarsi per questo tour e su quanto tempo dedicargli!
sono sicura che quando sarai ad Angkor ti alzerai prima dell’alba per non perdere neppure uno scorcio di un luogo incredibilmente suggestivo e non ti accorgerai del caldo e dell’umidità tanta è la bellezza che ti circonda
Ma che belle foto, raccontano tutta la tranquillità che descrivi a parole e questa immersione nella natura che sembra aver preso possesso di ciò che ha costruito l’uomo… è veramente suggestivo.
le radici degli alberi abbarbicate alle pietre raccontano davvero di come la natura sia capace di nascondere e allo stesso tempo di rendere migliore tutto quello che l’uomo ha costruito
Sai che leggendo il tuo articolo mi è venuto in mente che non ho mai scritto nulla sul mio viaggio in Vietnam e Cambogia, un viaggio davvero stupendo. Angkor poi è un luogo davvero magico, immenso e così ricco di storia, solo questo vale il viaggio.
Mi è piaciuta molto la Cambogia in generale e devo dire che ad Angkor sarei rimasta volentieri qualche giorno in più per godermi la meraviglia del sito archeologico
Quest’area archeologica non l’ho mai visitata di persona, almeno per il momento, eppure ne ho sentito parlare moltissimo e letto altrettanto, perché mi affascina moltissimo. C’è qualcosa di profondamente mistico tra queste rovine, meraviglioso (e come sempre, complimenti per le foto)
La giungla che si aggroviglia alle rovine di quegli antichi templi ha qualcosa di veramente mistico e infatti per il buddhisti il luogo è sacro. E’ stata un’esperienza bellissima essere li
Tra pochi mesi saremo lì! Non vediamo l’ora di ammirare tutte queste meraviglie tra storia e cultura. Il tuo articolo ci sarà molto utile!
Sono certa che ti piacerà tantissimo il sito di Angkor, è un luogo molto suggestivo
Sono cresciuta con Tomb Raider e da allora sogno la cambogia e i templi di angkor wat! Chissà se prima o poi riuscirò ad andarci!
Lara Croft a parte, i templi della zona archeologica di Angkor ti stupiranno per la loro misteriosa bellezza