Boscimani, gli antichissimi cacciatori del Kalahari oggi senza terra

cacciatore dei Boscimani nel Kalahari

Una turista tedesca incontrata durante il mio recente viaggio in Botswana mi ha raccomandato di partecipare alla “passeggiata con i Boscimani”. Lei aveva trovato l’esperienza estremamente istruttiva.

Io invece ho avuto una sensazione totalmente diversa. Di fronte allo sparuto gruppo di San, questo il vero nome dei Boscimani, che seminudi ci hanno mimato tecniche di caccia e di sopravvivenza, mi sono sentita a disagio. Ho pensato che ci può e ci deve essere un altro modo per tramandare le tradizioni millenarie di rapporto con la natura che questo popolo straordinario ci ha insegnato. Un pò come mi era successo con gli Himba della Namibia, la spettacolarizzazione degli indigeni a favore dei turisti mi lascia perplessa e amareggiata.

Meritano un’attenzione diversa i Boscimani e soprattutto meritano che si parli della loro incredibile capacità di sopravvivenza in un territorio come il deserto del Kalahari. Meritano che si racconti delle loro persecuzioni, delle deportazioni di massa e della snaturalizzazione delle loro abitudini di vita. E io ci provo.

Boscimani, gli antichissimi cacciatori del Kalahari oggi senza terra

I Boscimani discendono dalle popolazioni indigene dell’Africa meridionale, gli attuali Botswana, Namibia, Angola e Sud Africa. Il nome deriva dall’olandese e significa “uomini del bush”, dato che vivevano in quella boscaglia di arbusti spinosi tipica della zona. Questo termine ha però qualcosa di dispregiativo anche nel suono e, per rispetto culturale nei loro confronti, sarebbe meglio chiamarli San.

I San dunque sono (o forse sarebbe meglio dire erano) tribù di cacciatori e raccoglitori nomadi con un legame profondissimo con la natura in tutte le sue forme. Sono i nostri antenati, coloro che con le conoscenze accumulate in 20.000 anni ci hanno trasformati in Homo Sapiens.

Sono in grado di leggere i messaggi del deserto, un ambiente ostile dove si muovono con scaltrezza. Riconoscono le orme riuscendo a stabilire età, sesso e condizioni di salute di ogni animale. Uccidevano solo per sopravvivenza, utilizzando frecce di osso intinte nel veleno ricavato da una particolare specie di euphorbia mescolato a veleno di serpente che rilascia tossine mortali nel corpo dell’animale ferito. Le battute di caccia duravano molti giorni con inseguimenti e fughe per terminare con danze rituali di ringraziamento.

Boscimani, gli antichissimi cacciatori del Kalahari oggi senza terra

I Boscimani tramandano una conoscenza incredibile di anatomia, botanica e medicina. Conoscono i valori nutrizionali e le proprietà curative delle piante e delle radici che le donne raccolgono insieme a bacche funghi.

Durante le migrazioni nascondevano sotto terra uova di struzzo riempite di acqua e trasportavano le braci fatte con lo sterco di bufalo per avere il fuoco ogni notte.

Per le loro immensa capacità di sfruttare al meglio ciò che la natura mette a disposizione, creando una connessione con gli elementi, possono essere considerati gli antesignani della sostenibilità ambientale.

Ci hanno lasciato incisioni rupestri stupefacenti per la ricchezza dei dettagli come quelle di Twyfelfontain in Namibia.

Purtroppo però questo immenso patrimonio non scritto scomparirà con loro. Nel contatto con la “civiltà” i Boscimano hanno perduto non solo la dignità ma anche la conoscenza e la cultura.

Quella dei Boscimani è una storia di persecuzioni e soprusi che non ha ancora trovato la sua soluzione.

I San furono cacciati inizialmente da altri gruppi africani sedentari che occuparono le loro terre. Poi arrivarono i boeri, i contadini fiamminghi, che li costrinsero ad integrarsi in un modello di società che non era il loro. In seguito, il governo del Botswana operò una crudele segregazione impedendo loro di cacciare e sfrattandoli dai luoghi in cui vivevano dall’inizio dei tempi.

La vera ragione di tutto ciò è che le loro terre si trovano nel cuore della regione diamantifera più ricca del mondo. Dopo le persecuzioni dei boeri, i Boscimani furono trasferiti nella Grand Kalahari Game Reserve istituita per proteggerli. Ma negli anni ’80 furono scoperti i giacimenti di diamanti e di nuovo i san vennero cacciati. E’ emblematico il caso della chiusura di un pozzo che garantiva la loro sopravvivenza che ha trascinato il governo del Botswana in un processo durato decenni e che alla fine lo ha costretto a riaprirlo.

Impossibilitati a cacciare, oggi vivono di sostegni governativi e sono un’etnia a rischio.

Boscimani, gli antichissimi cacciatori del Kalahari oggi senza terra

Fisicamente sono completamente diversi dalle altre popolazioni africane. Hanno una corporatura minuta, le braccia e le gambe corte e sottili. I visi molto rugosi con gli zigomi piatti, gli occhi a mandorla e le orecchie prive di lobo. I capelli sono neri e crespi.

Durante la “passeggiata con i Boscimani” a cui ho partecipato, il gruppo si è presentato in abiti tradizionali ma normalmente vestono all’occidentale, i giovani frequentano la scuola e sono integrati nelle comunità locali.

Gli uomini indossano solo un triangolo di pelle annodato sui fianchi e un mantello di cuoio. Portano sulle spalle l’arco e la faretra indispensabili alla loro sopravvivenza. Le donne si mettono una specie di grembiule che copre il seno e serve anche per portare i bambini sulla schiena. Hanno acconciature di perline e piccoli gioielli fatti con i gusci delle uova di struzzo.

La guida ci ha spiegato che i San sono molto legati alla loro cultura ancestrale e sono felici di poterla raccontare ai turisti spiegando a gesti i modi di catturare la selvaggina e accendere il fuoco.

Rimango dell’idea che i Boscimani per turisti che si esibiscono per noi siano un esempio di snaturalizzazione e una vergogna che dovremmo evitare. Ho discusso di questo con gli altri ospiti del campo che però avevano un’opinione del tutto diversa: secondo loro si trattava solo di uno spettacolo folkloristico.

Boscimani, gli antichissimi cacciatori del Kalahari oggi senza terra

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10 Risposte
  1. Io mi auguro che queste esperienze, benché sicuramente confezionate ad hoc per il turismo occidentale, possano aiutare i San a sostentarsi. Comprendo benissimo la tua sensazione di disagio perché la vivrei anche io senza dubbio dunque cerco di trovare il lato positivo della cosa: almeno hai conosciuto questo popolo così antico che rischia di scomparire e questo incontro spero sia stato almeno un pochino arricchente per entrambi le parti.

    1. L’incontro di per sé mi è piaciuto molto ed è stato interessante conoscere la storia e le abitudini di questo popolo così antico. Vorrei che la loro cultura fosse più valorizzata e meno spettacolarizzata

  2. Libera

    Sono molto d’accordo con te, davanti a certe tipologie di tour o esperienze in viaggio anche io spesso resto di stucco. Questa è l’altra faccia del turismo di massa. Io continuo a creare che esista un modo diverso per promuovere e valorizzare il patrimonio culturale di un territorio e di un popolo, senza necessariamente svenderlo.

  3. E’ un pò come quando si constringono gli animali selvatici a vivere negli zoo o nei parchi acquatici per il divertimento del turista, forse estremizzato come paragone ma l’ho interpetato così.
    E mi dispiace per queste tribù da cui invece avremmo molto da recuperare. Il ritonro alla natura, alle sue conoscenze e rispetto per ciò che ci cirocnda.

    1. Non è esattamente un zoo ma la mercificazione delle tradizioni tribali mi lascia sempre perplessa. I Boscimani dovranno per forza integrarsi nella società moderna ma bisogna che le loro tradizioni siano tramandate in maniera più etica

  4. Arianna

    Capisco la sensazione provata, l’ho percepita anche io durante una visita ai villagi Masai in Tanzania, poi però mi sono detta pur essendo una manifestazione troppo turistica è comunque un modo per sostenere queste popolazioni e supportarle, l’importante è manifestare rispetto e consapevolezza. Certamente il turismo dovrebbe incentivare altre forme di sostegno

  5. Ma se questo “tour” un pò forzato può aiutare a sostenere economicamente famiglie e villaggi ben venga. Per i turisti e i viaggiatori in generale è importante vedere cosa e chi esiste oltre la civiltà moderna (la nostra) e per loro (la tribù) può essere un pasto caldo o delle medicine che non riuscirebbero a procacciarsi in altro modo. Snaturiamo così una cultura? Si. Dovrebbero integrarsi maggiormente al resto del mondo? Forse sì, ma lo dico a malincuore. Ci sarebbe da scrivere parecchio sull’argomento, brava che ne hai parlato! Non conoscevo questa realtà.

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