Nella remota regione del Kunene, all’estremo nord della Namibia, vivono gli Himba, un popolo affascinante che mantiene orgogliosamente le tradizioni.
Gli Himba sono pastori seminomadi che si spostano quando, nella stagione secca, le terre desolate e sassose del Kaokoland non riescono a sfamare il bestiame.
La bellezza delle donne è innegabile con i corpi statuari ricoperti di ocra rossa e i capelli intrecciati in elaborate acconciature dai significati simbolici.
Nonostante i contatti con la modernità e un turismo non sempre rispettoso, gli Himba continuano a vivere secondo gli usi degli antichi popoli da cui discendono.
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I mendicanti discendenti degli Herero
All’inizio del 1800 un gruppo di Herero, (popolazione di etnia bantu), per sfuggire agli attacchi dei guerrieri Nama affamati di terre coltivabili, si diresse a nord verso l’attuale confine con l’Angola, Qui trovò rifugio presso i Boscimani che iniziarono a chiamarli Ovahimba, che significa mendicanti.
Circa un secolo dopo i discendenti di quel piccolo gruppo di Himba, tornarono nelle loro terre. Nel frattempo in Africa erano arrivati i colonizzatori europei e gli Herero e i Nama si erano alleati per combattere i tedeschi.
A nulla valse la resistenza: gli Ottentotti (così i tedeschi chiamavano i Nama per il loro modo particolare di parlare ) e gli Herero vennero sterminati. Costretti ad estenuanti marce della morte nel deserto del Kalahari, sono stati vittime di un vero e proprio genocidio precursore di quello degli ebrei. Non è un caso se l’amministratore dell’Africa Occidentale in quel periodo era il padre del gerarca nazista Hermann Göring.
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Gli Himba non parteciparono ai combattimenti, restarono isolati nei pascoli remoti del Kaokoland fino a che non li hanno scoperti i turisti. Ma di questa storia vi parlerò più avanti.
Con l’arrivo dei colonizzatori le donne Herero furono costrette a vestirsi. I missionari arrivati dalla Germania le obbligarono a indossare gonne lunghe e sovrapposte a ricordare le crinoline in uso in Europa in quel periodo. Ancora oggi, le donne di etnia Herero si riconoscono per il caratteristico abito in stile coloniale al quale hanno aggiunto un buffo copricapo che ricorda le corna delle vacche.
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La fiera bellezza delle donne Himba
Le donne Himba sono bellissime e sanno di esserlo. Hanno una vera ossessione per la cura del corpo che si spalmano con un impasto di terra e grasso mescolati ad erbe profumate. L’ematite presente nella sabbia conferisce alla pelle un intenso colore rosso. Il composto, che utilizzano anche sui capelli, serve a proteggerle dal sole e dagli insetti ed aumenta il loro potere di seduzione. Quando la terra si secca ne applicano un nuovo strato.
Sono a seno nudo e indossano un gonnellino di pelle di capra stretto da una cintura che ha caratteristiche diverse a seconda dell’età. Si adornano di numerosi monili: pesanti collane di ferro e rame, conchiglie, e moltissimi bracciali di metallo alle braccia e alle caviglie.
La conchiglia che portano tra i seni è l’“anello” di fidanzamento. Arriva dal mare dell’ Angola e di solito è un gioiello di famiglia.
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Le acconciature sono legate allo status sociale e si modificano nelle diverse fasi della vita. Le bambine portano due treccine che ricadono in avanti, da adolescenti hanno una frangetta adorna di perline.
Le ragazze giovani intrecciano i capelli in tanti codini che rappresentano il caos e l’incertezza del diventare donna. Quando stanno per sposarsi le Himba si rasano la fronte e legano i capelli. Dopo che hanno preso marito si mettono sulla tesa un ornamento di pelle di capra simile a due cornini.
Gli uomini sposati indossano una cuffietta scura che si tolgono solo per dormire e in caso di lutto. Portano sulle spalle un ornamento di filo di ferro con bottoni di metallo e perline. I giovani e i bambini si rasano i capelli lasciando un codino coperto di ocra.
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Sia per i maschi che per le femmine è uso rimuovere gli incisivi in segno di appartenenza e riconoscimento e questa caratteristica regala agli Himba un sorriso sghembo e un pò infantile.
La visita al villaggio Himba di Otjikandero
Il Villaggio di Otijkandero ospita una trentina di bambini orfani accuditi da donne himba che si trasferiscono qui con i loro figli per alcuni mesi all’anno. Ci garantiscono che è autentico e non “a misura di turisti”. Il ricavato delle visite andrà a beneficio dei bambini e servirà a sostenere la piccola scuola.
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La nostra guida è il figlio del capo villaggio. Indossa un giubbotto di pelle sui bermuda ed è l’unico uomo presente, oltre ad essere il solo che parla inglese. Arriviamo piuttosto presto, i bambini giocano nella sabbia, le donne escono dalle capanne, e non hanno ancora allestito il mercatino di artigianato dove saremo obbligati a sostare prima di andarcene.
Il villaggio Himba è costituito da una serie di capanne tonde fatte da una struttura di legno ricoperta da terra e sterco di vacca. Al centro si trova il recinto del bestiame circondato da pali e arbusti spinosi per proteggere il gregge dagli attacchi dei predatori.
Nella “grande famiglia” del villaggio persone e animali convivono nella polvere. Gli uomini sono spesso lontani, le donne si occupano della mungitura e degli altri lavori. La società Himba è matriarcale, il bestiame si eredita per via materna. Però il capofamiglia è maschio e la poligamia è normale.
Il fuoco sacro, sempre acceso, rappresenta lo spirito del bene.
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Gli Himba vivono ancora oggi seguendo la transumanza del loro bestiame. Anche i funerali sono itineranti: il defunto viene portato in giro finché “sceglie” il posto dove stare. Le tombe sono segnalate da teste di bovini, le corna in alto se è maschio, in basso se è femmina.
Il turismo è l’unico futuro per gli Himba?
La visita al villaggio Himba mi ha lasciato un pò di amaro. Me ne sono andata avvolta dalla polvere e dalla malinconia mentre la nostra guida col giubbotto di pelle dava il benvenuto ad un pullman di francesi.
Ho avuto la sensazione che, per sopravvivere, queste donne coì orgogliose, siano costrette a “vendere” ai turisti l’accesso alle loro tradizioni. Mi hanno assicurato che a Otjikandero non è così, ma il turbamento è rimasto.
La bellezza e la naturalezza delle donne Himba mi hanno affascinato, ho scattato moltissime foto pensandole come splendide modelle consapevoli di offrirsi al mio obiettivo. Non volevo che fossero foto rubate ma ritratti voluti, nati da una interazione fatta di gesti e di sorrisi.
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La visita ai villaggi degli Himba rischia purtroppo di diventare un “etnoshow” dove turisti affamati di primitività scattano foto alle ragazze seminude e alle loro lunghe gambe color ocra senza neppure chiedersi chi sono.
La popolazione Himba ha resistito eroicamente a qualunque omologazione culturale, può evitare oggi di diventare mercificazione?
Lungo le strade del Damaraland ci sono bancarelle gestite da donne Himba ed Herero. Si lasciano fotografare in cambio dell’ acquisto di qualche oggetto in legno. In fondo, nonostante il nome, gli Himba non sono mendicanti ma conservano grande fierezza e dignità.
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Gli Himba sono un popolo in bilico tra le tradizioni degli antenati e una modernità a cui non riescono a sottrarsi.
La decisione del Governo namibiano di costruire una diga alle Epupa Falls potrebbe rivelarsi catastrofica per i pascoli non più irrigati. Allo stesso tempo verrebbero a crearsi posti di lavoro, i giovani inizieranno a frequentare le scuole e non solo badare alle capre.
Credo che occorra più che mai farsi messaggeri di un turismo consapevole, in cui la dignità delle persone diverse da noi è rispettata e non rappresentata.
La storia farà il suo corso ma il nostro sguardo su di loro potrebbe fare la differenza.
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Queste donne hanno davvero una bellezza straordinaria e una fierezza nel sorriso che lascia spiazzati. le loro usanze sono davvero molto interessanti, incisivi rimossi a parte. Mi trovi però d’accordo sul fatto che comunque dipendano dai turisti, ponendosi come merce. Spero solo che col tempo questa scelta non incida sulle loro usanze i maniera drastica.
purtroppo il turismo di massa e la modernità dalla quale non si può prescindere nella vita di oggi stanno già profondamente modificando i costumi degli Himba, speriamo che mantengano per quanto possibile la loro dignità
E’ un articolo molto interessante, su un popolo che ha sofferto molto in passato e non solo. Sto organizzando un viaggio in Namibia e queste informazioni mi saranno molto utili. Complimenti per le foto, sono veramente belle!
Credimi, ti invidio già. La Namibia è una terra meravigliosa e ricca di sorprese
Complimenti per le foto bellissime e per aver portato la storia degli Himba e gli Herero nel tuo blog. Non conoscevo questi popoli né il loro vissuto, così come il loro presente. Sono d’accordo che è compito nostro non dimenticare che queste sono persone che vivono nel loro villaggio e non è un circo dove scattare foto a destra e manca senza interessarsi a chi ci sta davanti. Mi auguro anche io che questo villaggio non diventi l’ennesimo posto sfruttato.
La bellezza di queste donne mi ha stregato e avrei voluto scattare tantissime altre foto ma allo stesso tempo non mi piaceva che pensassero di essere solo dei soggetti da immortalare
Proprio qualche giorno fa ho avuto modo di saperne di più su questa comunità, durante la trasmissione di Alberto Angela dedicata alla Namibia. I tuoi scatti sono magnifici, complimenti Anto!
Ho visto anch’io lo speciale di Alberto Angela, lui ha approfondito meglio il popolo san. Quanta storia custodiscono queste persone!
Capisco il tuo punto di vista sul turismo di massa ma, nel bene e nel male, credo nella libera circolazione delle persone.
Sì, sarebbe bello che tutti coloro che si mettono in viaggio fossero più consapevoli di ciò a cui vanno incontro e delle tradizioni di chi vive nei posti visitati ma quella è una mera utopia.
D’altra parte spesso il turismo è un potente mezzo di sostentamento per tante zone del mondo e questo non vale solo per gli Himba.
Penso che ogni cultura, ad un certo punto, debba fare i conti con la modernità e trovare un suo modo per sopravvivere, anche a costo di mettere l’ananas sulla pizza, per così dire.
Capisco il tuo punto di vista ed è stato uno dei miei dubbi nell’approccio al villaggio Himba. Concordo sul fatto che si debba tutti prima o poi fare i conti con la modernità altrimenti il mondo non si evolve, l’importante è che ciò avvenga senza violenze sulle popolazioni
Sono sempre stata affascinata dal popolo Himba, un vero simbolo della Namibia. Parlavo del problema che hai sollevato proprio qualche giorno fa al mio compagno, guardando un documentario su GEO riguardante un popolo nativo della Nuova Guinea: quanto, oggi, le tradizioni sono mantenute e le cerimonie svolte per effettivo credo e quanto per turismo e per pochi spicci? La paura di incrementare questo losco business è tanta e di certo sia io che tu non vogliamo che gli Himba o altri popoli finiscano in riserve o costretti a vivere di fotografie in cambio di denaro.
Complimenti per i tuoi scatti, davvero notevoli e ricchi di significato!
Il problema delle popolazioni indigene che rimangono legate alle tradizioni è molto vasto e crea non pochi dubbi. Da un lato sarebbe bello che continuassero a vivere come i loro antenati, dall’altro non credo che ci si possa esimere dal contatto con la modernità fosse anche solo per le cure mediche e l’istruzione. Trovare il giusto compromesso non è facile, l’importante è che le persone non diventino attrazioni per turisti
Che spettacolo Anto, sei stata in grado di emozionarmi e farmi conoscere qualcosa in piu di questo fantastico pezzo di mondo. E poi non parliamo delle tue foto… dei veri capolavori! grazie di cuore per aver condiviso queste emozioni con noi
Le Himba sono donne bellissime e fotografarle è stato un piacere
Una popolazione molto affascinante, come la tua esperienza di viaggio. Condivido i tuoi dubbi e sono gli stessi che mi sono posta in contesti simili. La responsabilità e la consapevolezza del turista/viaggiatore sono indispensabili ed è utile il confronto.
Purtroppo le donne Himba hanno capito che con i turisti riescono a guadagnare dei soldi e si innesca un loop difficile da interrompere
Ho visto anche io gli Himba quando sono stata in Namibia, sono molto affascinanti, soprattutto le donne. Ricordo che mi avevano fatto un pò impressione i loro capelli, ma anche loro sono rimasti colpiti dai miei: c’era una ragazza giovane che continuava a toccarmeli e a ridacchiare 🙂
anche a me capita che le ragazzine mi tocchino i capelli sorprese da quanto siano lisci! le himba passano un sacco di tempo a preparare le loro acconciature delle quali sono molto orgogliose
Mi hai fatto emozionare con questo articolo, il valore, le tradizioni dei popoli, lo scontro che avviene inevitabilmente con il moderno e la civiltà occidentale sono tutti argomenti importanti e delicatissimi. In un mondo globalizzato come il nostro civiltà così piccole e radicate soffrono l’arrivo dello “straniero”, spero che nonostante il turismo le loro radici siano abbastanza forti da resistere e da rimanere ancorate al folklore che li caratterizza.
Purtroppo mi sono venuti molti dubbi proprio visitando il villaggio, spero che ci sia il modo di conciliare la modernità e la tradizione ma è sempre un compromesso difficile
Mi sono commossa leggendo questo articolo, é un filo sottile quello che divide l’autenticità di queste culture sempre più alla mercè del turismo, però è anche vero che mi chiedo come é possibile non tornare a casa con questi scatti meravigliosi
bellissimo articolo e foto Anto