La Lombardia che non ti aspetti: un weekend in Franciacorta nella zona di origine delle famose bollicine ci ha fatto scoprire anche piccoli tesori d’arte.
La parte della provincia di Brescia tra il Lago d’Iseo e l’autostrada Milano- Venezia è conosciuta come Franciacorta. L’origine del nome non ha nulla a che vedere con la Francia ma deriva dal termine francha curtis ovvero esente da ogni autorità. I monaci nel Medioevo in cambio delle bonifiche e dei lavori agricoli avevano ottenuto la dispensa dal pagamento dei dazi per queste terre.
Le comunità monastiche ebbero un ruolo fondamentale nel trasformare gli acquitrini in terra coltivabile e migliorarono anche la produzione del vino, già presente dall’antichità in queste zone. Non dimentichiamo che l’ideatore dello champagne fu proprio un monaco benedettino: un certo Dom Perignon! Il vino Franciacorta si è ispirato allo champagne per diventare poi un prodotto unico nel suo genere.
Il nostro weekend in Franciacorta ha abbinato il divertimento della moto, il piacere delle bollicine e la scoperta di una bellezza discreta la cui cura è spesso affidata alla passione dei volontari.
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Weekend in Franciacorta: il silenzio dei chiostri dell’Abbazia olivetana di San Nicola
E’ il silenzio la prima cosa che mi colpisce entrando nel cortile dell’Abbazia di Rodengo Saiano. Sembra di essere in un luogo lontano dal mondo dove è possibile perdersi e ritrovarsi.
I tre bellissimi chiostri che si susseguono creano uno spazio chiuso di pace e meditazione. La visita dell’Abbazia è libera e la piccola comunità di monaci che ancora la occupa si percepisce appena dal passaggio di una tonaca chiara al momento della chiusura.
Leggendo qua e là scopro che il convento fu fondato dai benedettini cluniacensi. Nel 1400 passò agli Olivetani e nel 1534 divenne abbazia arricchendosi di splendide opere rinascimentali come il chiostro del ‘500 e gli affreschi del Gambara.
Dispersi dopo la soppressione degli ordini da parte di Napoleone nel 1779, gli Olivetani ripresero possesso della loro Abbazia nel 1969 per volere di Papa Paolo VI, bresciano di nascita. L’abbazia adesso infatti è dedicata, oltre che a San Nicola, a San Paolo VI e uno dei suoi abiti bianchi è conservato in chiesa.
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Sul chiostro principale, rimaneggiato alla fine del 1500, si affacciava l’Aula del Capitolo oggi utilizzata come Cappella.
Il piccolo chiostro del 1400 è una delle parti più antiche della costruzione ed è un angolo raccolto di semplicità. Sui capitelli delle colonne si riconosce lo stemma degli olivetani e le pareti sono ancora in parte affrescate.
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Il chiostro grande è una capolavoro di armonia ed eleganza rinascimentali. Una doppia fila di archi sovrapposti con quelli superiori che sono esattamente la metà di quelli sottostanti in un gioco prospettico di perfezione. Sul cornicione restano tracce di decorazioni in maiolica verde.
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Sono bellissime anche le sale affrescate da artisti locali importanti e la Chiesa con uno stupendo coro ligneo. Ma io mi porterò nel cuore la bellezza dei chiostri, creati come luoghi spirituali lontani dal clamore del mondo.
i volontari del Monastero di San Pietro in Lamosa
Arriviamo al Monastero di San Pietro in Lamosa la domenica mattina. Il parcheggio è affollato di turisti che a piedi e in bicicletta si dirigono verso il Parco delle Torbiere del Sebino.
Un signore gentile inizia ad aprirci tutte le porte e ci accompagna in un piccolo giardinetto normalmente non accessibile dove scattare delle belle foto.
Iniziamo a chiacchierare e scopriamo che questo luogo bellissimo, con una storia antica e importante per il territorio, sopravvive solo grazie all’impegno di un gruppo di volontari.
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La pandemia ha cancellato gli eventi che si potevano organizzare all’interno delle belle sale affrescate e solo la passione di una persona colta ed entusiasta ci ha fatto entrare nella storia e nella bellezza del Monastero.
La posizione è bellissima, proprio sopra la zona umida della Torbiera divisa dal lago da una sottile striscia di terreno. La chiesetta romanica è deliziosa e così il piccolo chiostro dove tra qualche settimana fiorirà un tripudio di ortensie.
Gli affreschi della sala sono ricchi di simbologia e restiamo affascinati d ascoltare analogie e interpretazioni. C’è tanto lavoro da fare anche solo per tenere aperto il Monastero, sarebbe bello che le nostre bellezze fossero apprezzate e valorizzate come meritano.
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Per un perfetto weekend in Franciacorta non possono mancare le bollicine DOCG
Il territorio del Franciacorta comprende 19 comuni della provincia di Brescia. Il “terroir” – per dirla alla francese – del vino Franciacorta è di origine morenica creato cioè dal ritirarsi dei ghiacciai che una volta occupavano la Pianura Padana. Grazie al suo alto contenuto di minerali, il vino ottiene un gusto e una sapidità davvero uniche.
Le vigne che crescono verso Sud, alle pendici del Monte Orfano sono anche riparate dai venti freddi del lago e godono di un microclima ideale con temperature leggermente più alte rispetto agli altri.
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Visitando una cantina scopriamo come nascono le bollicine più eleganti d’Italia!
Il “metodo classico” di vinificazione si rifà – ahimé – alla tradizione francese della Champagne, la regione dove il monaco Dom Perignon iniziò le sue sperimentazioni. Fu Berlucchi che per primo , agli inizi degli anni ’60 iniziò a utilizzare il metodo champenoise dei francesi.
In pratica, si aggiungono lieviti e zuccheri al vino già imbottigliato. Le bottiglie poi devono riposare in posizione orizzontale per un periodo che va dai 18 ai 30 mesi a seconda del tipo di vino che si vuole ottenere. I lieviti che mangiano gli zuccheri creano una reazione chimica che da origine alle nostre amate bollicine. Le bottiglie devono essere periodicamente rigirate in modo che nel collo si raccolgano i residui della fermentazione.
Questi vengono eliminati con un metodo ingegnoso: si congela il collo delle bottiglie in modo che i resti dei lieviti diventino un blocco di ghiaccio che fuoriesce con la pressione. Per compensare la quantità perduta, ogni bottiglia viene “rabboccata” con uno sciroppo a base di zucchero.
Il fatto che il vino abbia un lungo periodo di fermentazione nelle bottiglie, fa sì che l’anidride carbonica si leghi alle proteine dei lieviti creando il “perlage” che tanto ci piace una volta che il Franciacorta è versato nei calici.
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Quasi dimenticato: le uve del Franciacorta sono lo chardonnay, il pinot nero e il pinot grigio. Negli ultimi anni si sta aggiungendo l’uva di un vitigno autoctono, l’erbamat che aiuta ad aumentare acidità e freschezza.
Gli esperti del Franciacorta è fatto di brut e di satèn, di cuvées e di millesimati, di bianchi e di rosé. Bottiglie costose che restano anni in cantina e anche vini più facili, giovani e leggermente aciduli perfetti per gli aperitivi.
Comunque sia, regalatevi un weekend in Franciacorta e ogni volta che vedete le bollicine nel calice, immaginate una terra operosa dove uomini fantasiosi si sono inventati un vino copiandolo dai francesi e rendendolo migliore!
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Allora è proprio il caso di dire che rispetto ai francesi “Italians do it better”! Adoro le bollicine e tempo fa ero stata per un weekend in Franciacorta ma non era stato un successo perché ero finita in un agriturismo da incubo. Dovrei tornare, soprattutto dopo aver visto questi chiostri così belli.
ah ah quando l’allievo supera il maestro!
Questo articolo cade proprio a pennello perché vorrei regalare un weekend in Franciacorta al mio fidanzato. Non conoscevo l’Abbazia e il monastero e mi piacerebbe visitarli, quindi grazie dei consigli! Posso chiederti come si chiama la cantina che hai visitato?
Io ho visitato il Castello Bonomi a Coccaglio ma ci sono tantissime cantine in zona dai nomi più conosciuti alle piccole realtà.